Orto Botanico Università di Perugia
- Borgo XX Giugno,74 - 06121 Perugia
tel: +39 0755856073 - fax: +39 0755856432
email: ortobot@unipg.it - web: http://www.unipg.it/camso1/Orti.htm - RESPONSABILI Marco Maovaz, Antonella Montanucci, Claudia Sfascia
- ORARI L’orto botanico e l’orto medievale si possono visitare tutto l’anno dal lunedì al venerdì dalle ore 8,00 alle ore 17,00
- INGRESSO gratuito
- BOOKSHOP no
- SUPERFICIE 26000 mq
- VISITE GUIDATE sono previste visite guidate su prenotazione e a pagamento
- INDEX SEMINUM
Cenni storici
L’istituzione degli insegnamenti botanici nel capoluogo umbro risale ai primi decenni del XVI secolo e si inserì nel rinnovamento degli studi dei semplici che vide l’istituzione di cattedre analoghe a Roma (1514), Padova (1533), Bologna (1539), Ferrara (1543) e Pisa (1544). A Perugia, l’inizio delle attività didattiche avvenne tra il 1525 e il 1537, anno in cui l’insegnamento era diviso in due cattedre: una «Ad Theoricum simplicium» tenuta da Antonio Nicola Mariottelli ed una «Ad Praticam simplicium» tenuta da Benedetto Virili. La divisione dell’insegnamento in due cattedre influì sulla fondazione del primo orto botanico, differita di circa due secoli, in quanto ad esso supplivano gli orti degli speziali e farmacisti che ricoprivano la cattedra di pratica.
Tra XVI e XVII secolo alla cattedra di teoria dei semplici si avvicendarono numerosi docenti tra cui si ricordano Francesco Colombi, Aurelio Pedastro, Ercolano Scalcina, Annibale Camilli, Pio Alberti e Giovanni Battista Salvatori.
Oltre ai docenti è opportuno ricordare anche quanti, tra i laureati nell’Ateneo perugino, ebbero un ruolo importante nello sviluppo della botanica. Tra questi ricordiamo Castore Durante di Gualdo Tadino che nel 1581 ottenne la cattedra di lettura dei semplici nell’Ateneo romano e nel 1585 pubblicò il noto Herbario nuouo. Si rammenta poi l’assisiate Giuseppe degli Aromatari che dopo aver iniziato gli studi a Perugia si trasferì a Padova e poi a Venezia, dove pubblicò nel 1625 l’Epistola de Seminibus, in cui descrisse, per primo, l’embrione contenuto nei semi. Si ricorda infine un altro studente, Joannes van Heeck, che costituì nel 1603, insieme a Federico Cesi, Francesco Stelluti e Anastasio de Filiis, l’Accademia dei lincei. Van Heeck intrattenne rapporti epistolari con i maggiori botanici dell’epoca, tra cui si rammentano Ulisse Aldovrandi e Charles de L’Ecluse, fondatori rispettivamente degli orti botanici di Bologna e di Leiden.
I manoscritti delle lezioni di botanica che si tenevano nell’ateneo tra XVII e XVIII secolo testimoniano il carattere tradizionalista degli insegnamenti dei semplici, basati ancora sulla dottrina delle segnature e sull’associazione delle virtù delle piante alla mitologia. Alcuni positivi cambiamenti avvennero a partire dalla docenza di Filippo Belforti, che tenne la cattedra teorica dal 1717 al 1734. Laureatosi a medicina a Perugia e perfezionatosi a Roma, questo medico di «carattere originalissimo», istituì nel 1720 il primo orto botanico universitario. L’orto, pensile e di piccole dimensioni, era situato sopra le mura cittadine; nel 1756 fu provvisto di nuove erbe e semplici da parte del Prospero Mariotti, iniziatore della medicina sperimentale a Perugia e successore di Belforti alla cattedra.
Con Annibale Mariotti, figlio di Prospero e incaricato della teoria dei semplici nel 1763, la botanica perugina venne aggiornata alle ultime novità scientifiche. Il 21 maggio del 1763 Annibale tenne la sua prima prolusione esponendo il sistema linneiano, sistema che utilizzò in seguito per trattare a lezione le piante coltivate nell’orto botanico. Coinvolto alla fine del secolo nel governo giacobino, Mariotti inaugurò il 26 aprile 1799 il secondo orto botanico universitario. Quanto venne realizzato nel nuovo orto non è dato a sapere, anche perché, dopo neanche quattro mesi, la città capitolò di fronte alle truppe austriache. Mariotti venne imprigionato e gli vennero tolte tutte le cariche universitarie, compresa la cattedra di teoria dei semplici; il secondo orto botanico venne abbandonato e si tornarono ad utilizzare gli orti degli speziali presenti in città.
Per avere un nuovo orto si dovette aspettare il periodo napoleonico, durante il quale l’ateneo venne trasferito nella sede che occupa tuttora a Monte Morcino nuovo. Nel 1813 il docente Domenico Bruschi, incaricato della cattedra di Botanica e Agraria, cominciò a formare il nuovo orto botanico annesso alla sede universitaria. Laureatosi a Perugia nel 1805 in medicina e filosofia, Bruschi si era specializzato a Firenze con Ottaviano Targioni Tozzetti nell’antico orto dei semplici che in quegli anni aveva la preso la denominazione di Orto Sperimentale Agrario dell’Accademia dei Georgofili. Tra il 1814 e il 1815, attivando «le corrispondenze» e gli scambi di semi con gli orti botanici «esteri» di Bologna, Firenze, Napoli, Milano, Modena, Monza, Parma, Pavia, Pisa e Roma, Domenico Bruschi ottenne più di duemila piante che cominciarono ad essere sistemate nelle aiuole secondo il sistema linneiano. Nel contempo furono sistemate la «Ranciera dei fiori» e, nel 1818, un calidario per le piante tropicali. Nel 1826, in seguito ad una encefalite, Domenico Bruschi perse la vista ma continuò a svolgere le attività didattiche. La febbrile attività dei primi anni venne rallentata dalle condizioni fisiche del docente, ma nel 1835 l’orto botanico aveva comunque assunto l’assetto immaginato dal docente anni addietro: la struttura era divisa in tre ripiani circondati da muri; il ripiano superiore era attraversato da un ampio viale circondato da siepi sempreverdi terminante in una piccola piazza circolare circondata da cipressi. Tra il muro perimetrale e il viale del primo ripiano fu impiantato il ‘bosco inglese’ caratterizzato da più di duecento piante arboree, prevalentemente esotiche. Nel secondo ripiano si trovava il parterre contenente piccole aiuole con fiori annuali e piante ornamentali. Il terzo ripiano era diviso in sessantotto aiuole «destinate a contenere le piante perenni erbacee indigene ed esotiche». Dopo il 1857 la cattedra di botanica passò ad Alessandro Bruschi, nipote di Domenico, che non apportò miglioramenti alla struttura e alle collezioni dell’orto. Nel 1885 la cattedra di botanica venne assegnata, insieme a quella zoologica, al volterrano Andrea Batelli, che si era laureato in scienze naturali a Pisa e si era perfezionato a Roma, Napoli, Parigi e Strasburgo. In dieci anni Batelli rinnovò le collezioni naturalistiche dell’ateneo, formò un erbario con più di 7000 taxa, conservati in 15000 fogli, realizzò la serra tropicale e pubblicò uno dei primi lavori di ricerca floristica regionale: la Prima contribuzione allo studio della Flora umbra del 1886. Durante la sua attività a Perugia Batelli fu in contatto coi maggiori botanici dell’epoca tra cui si ricordano: Teodoro Caruel; Sebastiano Venzo; Pietro Romualdo Pirotta; Stefano Sommier; Antonio Mori; Ugolino Martelli; Agostino Todaro; Patrizio Gennari ed Edoardo Rostan.
Alla fine del 1896 Batelli rinunciò alla cattedra per tornare a Firenze, lasciando in dotazione al gabinetto botanico l’erbario e le prime preparazioni di istologia vegetale. Nello stesso 1896 venne stipulata una convenzione per il coordinamento degli insegnamenti scientifici tra l’Università degli Studi e il costituendo Regio istituto superiore agrario (in seguito trasformato in facoltà). Nella convenzione fu stabilito il trasferimento della cattedra, dell’orto e dei laboratori botanici nell’attuale sede di San Pietro.
Vincitore del concorso per la cattedra di botanica nell’istituto agrario fu il naturalista pavese Osvaldo Kruch che dopo la laurea nella sua città natale si era trasferito a Roma, tra il 1890 e il 1896, per ricoprire il ruolo di assistente di botanica alla Sapienza di Roma. Durante l’insegnamento a Perugia Kruch trattò la sistematica seguendo i sistemi di August Wilhelm Eichler e di Adolph Engler basati sulla filogenetica evoluzionista. La filogenesi venne anche applicata alla disposizione dei gruppi vegetali costituenti il nuovo orto botanico collocato all’interno dell’istituto. La cattedra venne in seguito ricoperta – dal 1935 al 1949 – da Fabrizio Cortesi, anch’egli proveniente dall’Università di Roma, e successivamente da Mario Bolli. Nel 1962 quest’ultimo propose la trasformazione in orto botanico di un appezzamento sperimentale prossimo alla facoltà di agraria, al fine di ampliare gli spazi per le collezioni. Nel 1996, in occasione del centenario della facoltà di agraria, il vecchio orto interno alla facoltà è stato trasformato in orto medievale su progetto di Alessandro Menghini.
Struttura e organizzazione
Attualmente sia l’orto botanico che l’orto medievale fanno parte del Centro di Ateneo per i Musei Scientifici (C.A.M.S.) dell’Università degli Studi di Perugia. Le collezioni dell’orto botanico sono sistemate per la maggior parte secondo criteri filogenetici; all’interno dell’orto sono inoltre presenti raccolte caratterizzate da habitus e da adattamenti ad ambienti particolari.
Nell’orto medievale la struttura e la collocazione dei taxa coltivati sono organizzate in maniera tale da rievocare le credenze e le mitologie medievali legate al mondo vegetale. Il percorso inizia con una rappresentazione simbolica del giardino dell’eden, seguita da un bosco sacro e termina con l’Hortus sanitatis e l’Hortus holerorum dove sono coltivate le piante di interesse medicinale e alimentare.
Le principali collezioni
Nell’orto botanico e nell’orto medievale sono conservati circa 1200 taxa provenienti dalla flora umbra, e dalla flora di altre regioni italiane. Nelle collezioni sono inoltre conservate numerose entità esotiche di interesse sistematico od economico.
Arboreto appenninico
Nell’arboreto sono coltivati taxa tipici dell’Appennino centrale ed appartenenti ai generi Quercus, Castanea, Fagus, Populus, Salix. Nel sottobosco sono presenti diverse erbacee spontanee, compresi alcuni taxa della famiglia delle Orchidaceae.
Specie acquatiche
La raccolta delle piante acquatiche comprende specie esotiche quali l’Eichhornia speciosa Rojas, la Pistia stratiotes L., la Nelumbium speciosum Willd., la Pontederia cordata L. e specie autoctone; di particolare interesse tra queste ultime sono i taxa estinti e vulnerabili della flora umbra, tra questi si rammentano l’Isoetes histrix Bory, la Trapa natans L., la Menyanthes trifoliata L., la Nymphaea alba L., la Salvinia natans (L.) All., l’Equisetum hyemale L., la Nymphoides peltata (S. G. Gmel.) Kuntze e la Dryopteris thelypteris (L.) A. Gray.
Specie tropicali e subtropicali
Nella serra fredda sono conservate nel periodo invernale numerosi esemplari in vaso tra i quali rammentiamo il Cinnamomum camphora (L.) J. Presl e il Brachychiton populneum R. Brown. All’interno della serra calda sono coltivate Bombacaceae come l’Adansonia digitata L. e la Chorisia speciosa A. St.-Hil., felci arboree come Alsophila cooperi Hook. ex F. Muell. e la Dicksonia antarctica Hook. f., piante di interesse economico come Cananga odorata (Lam.) Hook. f. & Thomson e la Theobroma cacao L.
Xerofite succulente
Le xerofite coltivate in serra fredda appartengono a diverse famiglie, tra i taxa più interessanti troviamo l’Euphorbia canariensis L., l’Euphorbia virosa Willd. e l’Euphorbia damarana Leach della famiglia delle Euphorbiaceae; la Bowiea volubilis Harv. ex Hook. f. della famiglia delle Hyacinthaceae; il Pachypodium lamerei Drake della famiglia delle Apocynaceae; lo Xerosicyos perrieri Humbert della famiglia delle Cucurbitaceae; la Didierea procera Drake della famiglia delle Didiereaceae; la Dracaena cinnabari Balf. f. e la Dracaena draco L. della famiglia delle Dracaenaceae; i generi Aeonium, Cotyledon, Crassula, Kalanchoe, Sedum, e Sempervivum, della famiglia delle Crassulaceae; i generi Cereus, Echinocactus, Mammillaria, delle Cactaceae.
Gymnospermae
Numerosi sono gli esemplari coltivati in piena terra appartenenti ai generi Abies, Cedrus, Pinus, Juniperus, Larix, Picea, Taxodium, Metasequoia, Sequoiadendron. Nella serra fredda sono mantenuti alcuni esemplari più delicati come il Podocarpus macrophylla D. Don, l’Araucaria excelsa R. Br., l’Araucaria imbricata Pav. e la Torreya nucifera Siebold & Zucc..
Altre collezioni
Tra le collezioni di piante ornamentali si ricordano: un roseto illustrante la storia della coltivazione del genere Rosa; una collezione di quaranta specie e cultivar di Hydrangea ed una raccolta di cultivar di Pelargonium a foglia profumata. Le specie officinali sono prevalentemente localizzate nell’Hortus sanitatis dell’orto medievale.
Attività e progetti
L’orto botanico funge da supporto per ricerche scientifiche e per la didattica universitaria dei corsi di botanica che si tengono nelle facoltà di scienze agrarie, scienze matematiche fisiche e naturali, medicina veterinaria e farmacia. L’orto botanico svolge inoltre attività didattico – educative rivolte agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado con visite guidate e pacchetti didattici.
Attualmente sono in corso i seguenti studi e ricerche:
ricerche sui pollini in atmosfera per la prevenzione e cura delle allergopatie polliniche;
micorrizazione di piantine di piante forestali con miceti del genere Tuber;
bioritmi di alcune specie spontanee nell’Italia centrale e dei taxa guida per i giardini fenologici, per cui è stato istituito il giardino di S. Apollinare nel comune di Marsciano (PG)
L’orto ha recentemente approntato un documento sulla politica delle collezioni che stabilisce i settori che verranno privilegiati nell’arricchimento delle collezioni botaniche. Il progetto di riordinamento prevede: un ampliamento delle raccolte della flora regionale; la ricostituzione, basata sulla documentazione dei secoli passati, delle collezioni degli antichi orti botanici e il reperimento di taxa rappresentativi delle diverse famiglie del mondo vegetale.
Bibliografia
Mario Bolli, L’Orto botanico di Perugia, «Agricoltura, attualità italiane e straniere», 1967.
Mattia Bencivenga, L’Orto botanico dell’Università di Perugia, in Francesco Maria Raimondo (a cura di), Orti botanici, Giardini Alpini, Arboreti Italiani, Palermo, Edizioni Grifo, 1992, pp. 219 – 224.
Alessandro Menghini, Il giardino dello spirito: viaggio tra i simbolismi di un orto medievale, Perugia, Salvi, 1998.
Marco Maovaz, Aldo Ranfa, Bruno Romano, L’Orto Botanico di Perugia nel XIX secolo, «Informatore botanico italiano», 34 – 1 (2002), pp. 149 – 176.
Marco Maovaz, Bruno Romano, La botanica, in Marco Maovaz, Bruno Romano, Antonio Pieretti (a cura di), Scienza e scienziati a Perugia. Le collezioni scientifiche dell’Università degli Studi di Perugia, Milano, Skira, , pp. 85 – 103.